Ettore Majorana. Chi l’ha visto?

Ettore Majorana

L. Sciascia, La scomparsa di Majorana, Gli Adelphi, Milano, 1997.

< I >La notte fra il 25 e il 26 marzo del 1938 scomparve il trentunenne Ettore Majorana. Le sue tracce si perdono sul piroscafo della compagnia Tirrenia che copriva il tragitto tra Napoli e Palermo.

Ma che fine fece il famoso fisico siciliano, forse il più promettente dei famosi “ragazzi di via Panisperna”? Le notizie subito dopo la scomparsa si moltiplicarono con un vespaio di opinioni, ipotesi e avvistamenti che, contraddittoriamente, portarono in diverse direzioni. Si trattò forse di suicidio, di omicidio, di complotto o di che cosa d’altro?

Nel ricostruire questa contorta vicenda si può partire dalle parole che Enrico Fermi spese per questo giovane ragazzo, non esitando a definirlo un genio alla stregua di Galileo e Newton, dopo che ebbe occasione di lavorarci assieme presso il Regio Istituto di fisica di Roma, situato per l’appunto in via Panisperna. A partire dal 1929 attorno a Fermi gravitarono altri giovani promettenti come Edoardo Amaldi (futuro fondatore del CERN di Ginevra), Franco Rasetti, il chimico Oscar D’Agostino, Emilio Segrè e solo dal ’34 Bruno Pontecorvo.

Prima del trasferimento negli Stati Uniti di Fermi questo gruppo riuscì a trasformare l’Istituto in un moderno centro di ricerca sperimentale, che diede i suoi frutti con la scoperta delle proprietà dei neutroni lenti, primo vagito verso la realizzazione del reattore e della bomba nucleare, della struttura del nucleo atomico e della teoria del decadimento beta. Il progetto durò fino al 1938 quando il gruppo, anche a causa delle leggi razziali fasciste (emanate il 14 luglio), si disperse e proprio quell’anno Ettore Majorana sparì.

Chi l’ha visto?

< IIn una puntata della trasmissione “Chi la visto?” proiettata nel 1996 si ripropongono alcune ipotesi sulla scomparsa del fisico catanese. Esiste una traccia tedesca, dove anni prima soggiornò a Lipsia e a Copenaghen incontrando fra le altre cose Heisenberg prima e Bohr dopo, una traccia argentina, e la traccia monastica, sostenuta in particolar modo da Leonardo Sciascia, siciliano anch’esso, che ipotizza il ritiro di Majorana in un convento (riallacciandosi così alla giovanile esperienza di Ettore al collegio dei Gesuiti di Roma “Massimiliano Massimo”).

A questo possiamo aggiungere anche la più recente ipostesi che vede Majorana clochard girovagare per la Sicilia, accostato prima al cosiddetto “omu cani” un barbone che peregrinava per l’isola, poi a Tommaso Lipari, sempre un senzatetto, con una predisposizione, si dice, molto accentuata per le discipline matematiche, caratterizzato da un segno distintivo sulla mano molto particolare e molto simile a un tratto caratteristico del fisico siciliano.

I ragazzi di via Panisperna

< IInoltre, nel film diretto da Gianni Amelio “I ragazzi di via Panisperna” (1988) si affronta la possibilità del probabile suicidio. O meglio, si mette in evidenza le prime reazioni dei colleghi alla notizia della sua scomparsa e quello che di primo acchito poteva apparire tenendo presente la personalità molto schiva e sensibile di Ettore Majorana, oltre che la persistente sensazione di estraneità e diffidenza, rimanendo sempre comunque aperti a tutte le eventualità. Effettivamente le sue capacità scientifiche sarebbero state tali da poter riuscire a prevedere una possibile catastrofe, causata dalle loro scoperte (cosa che effettivamente avvenne solo sette anni dopo), provocandone in questo modo un collasso emotivo.

Ipotesi molto affascinanti ma tutte smontate in un secondo tempo, soprattutto quella del suicidio, in seguito a perizie psichiatriche con esito negativo e alcuni fatti significativi, come il prelievo di una ingente somma di denaro effettuata proprio prima della scomparsa e la presenza di due lettere che sembrano scagionare tale probabilità.

< ILa tesi sostenuta da Sciascia è in realtà altrettanto interessante: la vita monastica sembra la soluzione più intrigante sotto certi punti di vista. Vien da se la denuncia contro l’incuria della polizia italiana nelle ricerche, quasi giustificata dal fatto che il ritrovamento di un uomo intelligente è una duplice fatica. La scomparsa appare in questo caso un rifiuto, una fuga dettata dall’istinto di sopravvivenza, per se e per l’umanità, come dice lucidamente Sciascia, che delinea una figura umana, scrupolosa e teatrale nel suo modo di pensare e rifiutarsi e di inscenare la propria morte.

Fermi e i ragazzi cercavano, mentre lui semplicemente trovava…Quelli l’amavano, volevano raggiungerla e possederla; Majorana, forse senza amarla, la portava.

 

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