One on one: trentacinque (e più) anni dopo

Corre l’anno 1983 e il titolo Nba se lo aggiudicano i Philadelphia 76ers, guidati da Julius Erving e dall’Mvp della stagione regolare Moses Malone, vincendo le Finals NBA contro i Lakers di Kareem Abdul-Jabbar, Magic Johnson, Jamaal Wilkes e Michael Cooper, con un secco 4-0 che lascia pochi dubbi alla storia. Corre l’anno 1983 e la Ea Games sviluppa uno dei primi videogiochi di basket, istigando un’intera generazione di ragazzi novelli Darryl Dawkins  (era il ’79 e i cesti ammortizzati non esistevano…) a frantumare il tabellone con una “hard dunk” e costringendo il povero inserviente di turno a ripulire tutto.

Ma andiamo con ordine…

< I > Ho 2 anni nel 1983 quando Eric Hammond porta sugli schermi delle prime console e dei primi personal computer un gioco sportivo, veloce e intuitivo, costringendo per molto tempo a venire xn giovani imberbi a consumarsi le dita sui tasti neri del loro Commodore 64 (o sul joystick), facendo scontrare fra loro l’atletismo del mitico Doctor J e il mortifero tiro di Larry Bird. Fra l’altro si tratta del primo videogioco in assoluto con licenza ufficiale di utilizzare nomi del mondo dello sport professionistico. I protagonisti sono solamente due. Uno nero e uno bianco, senza molti altri modi di distinguerli. Il più evidente, sicuramente, è la pettinatura: uno dalla capigliatura afro-americana, newyorkese di Long Island, e l’altro con la fluente chioma bionda di un tipico bianco dell’Indiana. Il videogioco si chiama “One on One: Dr. J vs. Larry Bird”.

Nel 2020 ne ho 38 di anni e una grande sensazione di déjà vu mentre rileggo per puro caso un vecchio John Doe durante la pausa forzata di questo aprile di quarantena. L’innovativa serie a fumetti, uscita inizialmente per Eura Editoriale e poi Editoriale Aurea tra il 2003 e il 2012, è stata creata e scritta dal compianto Lorenzo Bartoli e dal vulcanico Roberto Recchioni. Grazie ai due stili diversi di scrittura, una più delicata e poetica la seconda più serrata e incisiva, si mescolano temi cari alla tradizione narrativa più classica e moderna (Fratelli Grimm, Happy Days e Full Metal Jacket con Moby Dick) con altri provenienti direttamente dalla cultura pop contemporanea, fondendosi in un mix citazionistico molto peculiare. Ed è così che nel numero 72 della serie regolare (stiamo parlando di un albo pubblicato nel maggio del 2009) che mi ritrovo in mano riscopro che gli sceneggiatori ambientano la storia in una ghost town in mezzo al deserto statunitense. L’albo si intitola “Chi non salta…” e parla, casualmente, di basket. I due protagonisti, John Doe e suo figlio Mordred, si ritrovano a giocare una sfida a pallacanestro all’ultima goccia di sudore e sangue contro i fantasmi di Julius Erving e Larry Bird. Una partitella due contro due che per intensità e agonismo ricorda molto le sfide di Sidney e Billy in White Men Can’t Jump, film statunitense del 1992 diretto da Ron Shelton (in italiano, guarda caso, “Chi non salta bianco è”).

John Doe, Chi non salta…, Eura Editoriale, Anno VII – N°72, (maggio 2009)

Soggetto: Lorenzo Bartoli & Roberto Recchioni; Sceneggiatura: R. Recchioni; Copertina: Massimo Carnevale; Disegni: Luca Genovese

< I > Nel fumetto quindi sono presentati un incrocio di citazioni che rimandano da un lato al film ambientato fra le spiaggie di Venice Beach, California, dall’altro al videogioco della Ea Games che ha come protagonisti i due talenti del basket a stelle e strisce Larry Bird e Julius Erving. Ma perché sono citati proprio loro? Evidentemente perché i due sceneggiatori devono aver giocato molto a lungo al videogioco One on one

E allora, da apirante cestista, mi sorge spontanea un’altra domanda: perché gli sviluppatori della EA Games scelsero proprio loro due? Perché erano i più forti o per una mera differenza cromatica? Credo di no.
Earving “Magic” Johnson e Kareem Abdul Jabbar, dove li mettiamo? Sicuramente sono giocatori, campioni e sportivi altrettanto iconici, che avrebbero sicuramente meritato la presenza all’interno di un videogioco. Il punto fondamentale, a mio modo di vedere le cose, è che gli ultimi due giocatori citati solo per fare un esempio erano espressione dello stesso basket di Doctor J.
Lo Showtime dei Los Angelese Lakers degli anni ‘80 parlava la stessa lingua cestistica di Julius Erving. Ed è per questo che in contrapposizione entra in gioco proprio Larry Bird, incastrandosi meglio come avversario, per l’occasione. Gli sviluppatori del videogioco, chiamando in causa Julius e Larry, sono consapevoli di esprimere due concetti di pallacanestro differenti in quanto stiamo parlando di due giocatori, due icone opposte e complementari, che incarnano altrettanti diversi modi di intendere il basket degli inizi degli anni ’80, due espressioni diverse di concepire lo stesso gioco: il primo, suggestivo e provocatorio, tanto da potersi permettere per una buona decade di portare i suoi capelli riccioluti ben al di sopra dell’anello, per la prima volta nella pallacanestro statunitense con una disarmante regolarità; il secondo, fisicamente inferiore ma premiato da una indefessa etica del lavoro, concreto e solido a modo proprio ma sottilmente spettacolare.
Sono l’antitesi cestistica per eccellenza. Due scuole di pensiero che si scontrano sul palcoscenico dello sport professionistico NBA e sugli schermi casalinghi di tonnellate di ragazzi. Il ventaglio di azioni disponibili dal tiro alla stoppata, dalla palla rubata al rimbalzo, e infine alla schiacciata, è davvero elettrizzante e notevole.


La versione successiva dello stesso videogioco (Jordan vs. Bird: One on One – 1988) è figlio dello stesso pensiero dicotomico, solo espresso questa volta a colori. Al posto di Julius Erving c’è Michael Jordan, l’erede ideale dell’atleticità e della spettacolarità fisica espressa da Doctor J per tutto il decennio degli anni ‘80 ormai quasi giunto al termine. Il buon vecchio Larry Bird invece è ancora lì, fermo al proprio posto e simbolo di un basket che non tradisce, grazie al culto dell’allenamento, di sé stessi e alla propria perseveranza. La sorpresa è che oltre alla partita one on one si può fare il Dunk Contest con MJ e il Three-Point Contest con Bird. Spettacolo!


Nel 1993, dieci anni dopo il primo One on one, sempre gli stessi sviluppatori senza avere ancora a disposizione i diritti per il campionato pro sfruttano volto, nome e High School, ipoteticamente la Emsley A. Laney High School di Wilmington, North Carolina, che Michael Jordan frequenta durante gli anni di formazione scolastica, per una simulazione visivamente ancora più realistica dello sport con la palla a spicchi. Questa volta per un 3 contro 3 indoor con uno sviluppo tridimensionale del campo da gioco. Però questa è un’altra storia.


< I > Riprendendo le redini del discorso fumettistico, invece, nella sfida fra i fantasmi di Julius Erving e Larry Bird contro i protagonisti dell’albo citato John e Mordred, i primi due risultano decisamente troppo forti, cestisticamente parlando, anche per tipi duri come Mr. Doe & Figlio.
Il significato del senso della sconfitta viene ben inserito nel contesto della guerra intrapresa dai John e Mordred contro il Grande Capo. Io, ad ogni modo, li immagino continuare giocare ancora, in quel campetto desolato di quella sperduta ghost town nel cuore degli Stati Uniti, sotto il sole e la pioggia, in barba alle beghe che riguardano le Alte Sfere e, soprattutto, superiori e indifferenti alla “Morte, l’universo e tutto quanto“.

 

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