Improvvisamente, Jazz…

Giovedì 22 Luglio 2010. Parto in macchina, una scassata Y10 senza servosterzo né cerchi in lega, verso Tarvisio nel primo pomeriggio, col caldo umido di questo interessante fine luglio. Dopo deviazioni inopportune quanto inaspettate imbocco l’autostrada a Udine Sud. Block notes sul sedile posteriore, compilation editata ad hoc per il viaggio nel lettore CD, libro e fumetto per ingannare l’attesa e infine acqua, tanta acqua naturale.

Nell’ora e mezza scarsa che ho passato incollato al volante fino a destinazione mi coglie musicalmente impreparato solamente “Cars hiss by my window” dei Doors, finita in mezzo alla playlist per non so quale oscuro motivo a me ignoto. Non che fosse del tutto incoerente, figuriamoci, ma nel pensare a quella giornata avevo predisposto con cura anche l’elenco preciso delle canzoni da viaggi per prepararmi all’evento della mia Estate, quello con la E maiuscola.

Chitarra come leit motiv trainante: Wes Montgomery trio, il John Renbourn di Another Monday, Peter Green prima del divorzio dai Fletwood Mac, Nick Drake per sciogliere e stemperare l’ambiente. Jim Hall per concludere in maniera opportuna questa cavalcata verso il “No border music festival“.

Arrivo con quattro ore d’antipico, vergognandomi giusto un po’ prima di dedicarmi al libro e al fumetto che avevo portato: Norwegian Wood di Murakami lo appoggio dopo solo qualche pagina.

Prendo in mano il fumetto e l’occhio mi cade sulla copertina e su quel curioso caschetto moro dell’unica ragazza seduta di fronte al palco. Partecipo con un misto di tenerezza e malinconia alle sue sensazioni, come se quel sorriso appena abbozzato riassumesse in un solo gesto l’orgoglio di essere innamorati di una persona veramente speciale. O si tratta di solitudine? Non lo so, devo ancora leggere la storia scritta e disegnata da Antonio Vincenti, in arte Sualzo, perugino classe 1969.

sualzo
Sualzo, L’improvvisatore, Rizzoli Lizard, 2009.

Il protagonista Elia Sabaz, in compagnia del suo sax soprano, mi prende fin da subito col suo comportamento guascone e improvvisatore, nel jazz come nella vita. Sulle orme di Sidney Bechet, di John Coltrane e di Steve Grossman si ritaglia il suo spazio privato nel mio immaginario mentale come fosse un suonatore in carne e ossa; mi aspetto quasi di averlo già sentito da qualche parte, forse accanto a Enrico Rava e Luca Flores, Stefano Bollani o U.T. Gandhi.

Lontano dagli sterotipi del jazz, tutto sofferenza, droga e sciatteria, assisto alla scomposizione della sua coscienza e guarda caso ritrovo proprio colui che della frantumazione psicologica ha fondato la propria cifra poetica: quel Fernando Pessoa (o Alberto Caeiro, Ricardo Reis, Alvaro de Campos) citato più volte. Ritrovo anche il buon vecchio zio Walt e il suo elogio alla contraddizione, giusto per ribadire il concetto.

Ma ritrovo sopratutto tanta realtà di ogni giorno, grattacapi quotidiani, fiacchezza da routine, lavori da mal sopportare, una vita in provincia da tirare avanti con il jazz e con la poesia. Ci sono le serate da combinare, rospi da ingoiare e così via: quotidianità per l’appunto. Come in ogni buon vecchio disco jazz che si rispetti, il finale, ovvero l’alternative take conclusiva, da un respiro più profondo alle conseguenze delle nostre scelte, delle incomprensioni e delle occasioni perse, lasciandomi un blues adatto alle circostanze che si struttura nei 10 capitoli del fumetto, 10 tracce musicali di un concept album alquanto singolare.

Nel frattempo, dopo quattro ore di letture e attese, Pat Metheny sale sul palco di Tarvisio e inizia quasi puntuale il suo “The songbook tour“. Assieme a lui Mays, Rodby e Sanchez, un quartetto che non può che farmi ricordare il Kolot Quartet di Elia e la loro magica esibizione.

kolot

P.S. – Pubblico questo post proprio oggi, in onore del primo concerto dei Kolot Quartet, avvenuto, come dice la locandina, il 27 luglio di un non meglio precisato anno. Ora saprò cosa ascoltare quest’estate sotto l’ombrellone oppure ovunque mi ritroverò sommerso da questa canicola estiva. Proprio come Elia, involontariamente, mi ha suggerito i nomi di Charlie Parker, Duke Ellington e Keith Jarrett, cominciando da “Cherokee” e finendo con “All the things you are“, io suggerisco, volontariamente, questo fumetto a tutti quei lettori innamorati di jazz, poesia e fumetto.

 

Su questo sito utilizzo strumenti che memorizzano piccoli file (cookie) sul tuo dispositivo. I cookie sono normalmente usati per permettere al sito di funzionare correttamente (cookie tecnici), per generare statistiche di uso/navigazione (cookie statistici) e per pubblicizzare opportunamente i nostri servizi/prodotti (cookie di profilazione). Posso usare direttamente i cookie tecnici, ma hai il diritto di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazione. Abilitando questi cookie, mi aiuti a offrirti una esperienza migliore. Cookie policy